Colture – tavolo scientifico 2022-23

Colture - tavolo scientifico 2022-23

[…] un certo numero di contenitori trasparenti in vetro, che alludevano ad una strumentazione scientifica e sperimentale, tipo provette e capsule di Petri usate in biologia per la crescita di colture cellulari. Sia all’interno che all’esterno – per il principio di sconfinamento – si trovavano elementi naturali e artificiali declinati in differenti forme e materiali.

Nel recuperare l’etimologia della parola cultura, che significa coltivazione perché deriva appunto da “còlere”, coltivare, veniva fuori questa ambiguità tra cultura e coltura, che io ho declinato al plurale, colture, in cui la processualità della natura mi serviva per avvicinare l’idea di cultura a una dimensione mobile, fatta di cicli di vita, crescita ma anche morte, allontanandola così il più possibile dal concetto di cultura come culto.

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Tavolo Scientifico era fatta di un certo numero di contenitori trasparenti in vetro, che alludevano ad una strumentazione scientifica e sperimentale, tipo provette e capsule di Petri usate in biologia per la crescita di colture cellulari. Sia all’interno che all’esterno – per il principio di sconfinamento – si trovavano elementi naturali e artificiali declinati in differenti forme e materiali. Rami, bacche, cortecce, radiche, funghi e coralli che sembravano finti, ma in realtà erano autentici, mescolati ad artefatti e innesti in ceramica, cera, plastiche varie ecc., le quali attraverso rimandi e relazioni formali apparivano naturali, pur non essendolo, e mimavano l’appartenenza organica ad un unico sistema.

Nel recuperare l’etimologia della parola cultura, che significa coltivazione perché deriva appunto da “còlere”, coltivare, veniva fuori questa ambiguità tra cultura e coltura, che io ho declinato al plurale, colture, in cui la processualità della natura mi serviva per avvicinare l’idea di cultura a una dimensione mobile, fatta di cicli di vita, crescita ma anche morte, allontanandola così il più possibile dal concetto di cultura come culto, che invece implica un inalterabile status di adorazione, in un’accezione mistico-religiosa e sacrale. Se riflettiamo, nel senso comune esiste una commistione dei piani tra natura/cultura, ma in un processo di mistificazione davvero fuorviante che vede la naturalizzazione della cultura e la culturalizzazione della natura in questi termini: ci sono una serie di cose che vengono fatte passare per naturali e invece sono prodotti culturali, ideologie, a partire dall’essere per la sopraffazione come metodo di sopravvivenza, il principio del dominio dell’uno sull’altro, l’homo homini lupus come “naturale” violenza dell’essere umano spacciato per legge di natura, perché viceversa la natura sarebbe a sua volta gerarchica, essendo regolata dalla legge del più forte, ed essendo a suo modo violenta e spietata. Ora, con la colossale crisi economica, ambientale e di valori che stiamo vivendo, viene fuori che la possibilità di farcela a sopravvivere come specie è legata alla solidarietà, al mutualismo, alla capacità di fare rete, alla socialità. Ma allora?! Per centinaia di anni abbiamo tramandato il vita mea mors tua, lo abbiamo teorizzato e creduto, pensandolo come fosse una legge della natura, ma oggi questi miti stanno crollando. Mi viene in mente il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso che ci spiega come la vita sul pianeta, rappresentata in prevalenza dalle piante (gli animali e noi umani rappresentiamo una percentuale insignificante, tipo lo 0,3%), che esistono da un tempo enormemente più significativo del nostro (cinquecento milioni di anni contro i nostri trecentomila), sia governata da leggi completamente diverse da quelle che gli abbiamo attribuito: simbiosi, cooperazione, differenziazione e capacità di mutare. Quindi, la storia della lotta per la sopravvivenza che ci ha fatto pensare a noi stessi “naturalmente” gli uni contro gli altri, tutti contro tutti, è stata nient’altro che una costruzione e un’ideologia?! È l’intera visione del mondo che oggi è in corso di ripensamento. In questo senso l’incertezza, il dubbio, il disorientamento, ovvero ciò che mette in campo l’arte, è la precondizione necessaria per la nascita di nuovi possibili orientamenti culturali.

Dal terzo capitolo di Montanino, V., Simone, A., Arte, pratica di resistenza. Dialoghi tra una sociologa e un’artista, 2024, Meltemi.